spettacolo

L'uomo atlantico

su testi di Marguerite Duras

di e con Licia Maglietta
scena e regia Licia Maglietta
costume Katia Manzi
luci Pasquale Mari
suono Daghi Rondanini
direzione tecnica Lello Becchimanzi
foto di scena Monica Biancardi

una produzione Teatri Uniti - 1998

In una stanza d'albergo con un balcone in riva al mare o ancora in riva al mare in un altro luogo battuto dall'Atlantico.

Una donna che racconta (come scrittrice o come protagonista?) due brevi storie estremamente rarefatte nella tessitura narrativa e che ci porta a radiografare le nostre follie, in cui crolla l'identità del senso, della persona e della vita, in una sorta di torpore psichico.

Sono stata affascinata perché sono racconti difficili e facili. "La malattia della morte è difficile, molto difficile. L'uomo atlantico è molto difficile, ma così bello che non è difficile. Anche se non si capisce - questi libri del resto non si possono capire - non è la parola giusta, si geme e si piange insieme".

E sono stata affascinata da queste donne che vivono nell'oblio di sé. Tutte sono imprudenti e incaute e tutte sono causa della loro infelicità. Sono molto spaventate, hanno paura delle strade, dei posti, non si aspettano la felicità. "Non sono mai stata dove mi sarei trovata a mio agio, sono sempre rimasta indietro, alla ricerca di un luogo, di un modo per passare il tempo, non mi sono mai trovata dove avrei voluto essere. Escogitavo dei sistemi per fare tutto ciò che facevano gli altri. Ed è così che ero in ritardo dappertutto, che avvilimento. Facevo le cose a metà, per averle fatte, e non funzionava. Mi dispiace molto di essere stata così, in regola ma mai contenta. Una sola cosa so fare: guardare il mare. Sempre questo passaggio del tempo in tutta la mia vita. Nell'intera durata della mia vita"

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