spettacolo

Lamìa

di Luisa Stella, da Le incurabili, edizioni Cronopio
con Licia Maglietta
Lucia Ragni
Katia Esposito
Tony Luise
adattamento, scene e regia Licia Maglietta
direzione tecnica Lello Becchimanzi
foto di scena Monica Biancardi

una produzione Teatri Uniti - 2002

Lamìa è tratto dal racconto Io sono la selvatichezza dal volume Le incurabili di Luisa Stella (edizioni Cronopio). La storia racconta di una donna, Caterina (Licia Maglietta), che a un tavolo di una taverna, confida, in una forma tra il monologo e il dialogo, la sua vita a un’altra donna. Si tratta di un prostituta, a cui la stessa Caterina darà il soprannome di Lamìa. A lei descriverà frammenti della sua vicenda umana, descrivendole i rapporti con il marito, con i suoi amanti, con i genitori...  Tutto accadrà ad un tavolo, in questa taverna ricostruita sulla scena e in cui l’oste (Tony Luise) cucinerà per davvero e la cameriera (Katia Esposito) servirà la cena alle donne.

«Lamìa, al di là del fascino per i due personaggi - a mio avviso molto più complessi del loro appartenere ad una piccola porzione di mondo che per abitudini sociali difficilmente li immagina vicini e dialoganti - mi ha dato molte possibilità nel lavoro di composizione, di rapporti nello spazio e di rapporti intimi tra i personaggi. Equilibri che a teatro puoi trovare e perdere ad ogni passo e che in questo lavoro sentivo ancora più sottili e difficili.

Il testo racconta di Caterina e Lamìa, accennando all’oste e alla cameriera della trattoria. Ma un testo (cerco di non dimenticarlo mai) contiene in sè la possibilità di dare vita a forme costantemente rinnovate. Ho deciso così di mettere in scena tutti e quattro i personaggi. Questo ha significato immaginare e raccontare la storia dell’oste e della cameriera, immaginare la loro relazione e metterla in rapporto alle parole di Caterina, ai silenzi-azione di Lamìa. Dunque due coppie che occupano spazi diversi, che agiscono lo spazio comune in modi diversi. Da qui il desiderio di lavorare con un’attrice e con due persone che conoscevano il teatro non in quanto attori ma perché in stretto e continuo rapporto con esso e con la costruzione dei miei ultimi spettacoli.

Mi è apparso un mondo fatto di contrasti e di rapporti complementari. Caterina parla, Lamìa ascolta (forse) e mangia. Ma un ulteriore senso delle parole si rivela attraverso i loro movimenti al tavolo e sotto il tavolo, nelle azioni dell’oste e della cameriera, nei corpi, nel rapporto con il cibo e con gli odori. Tutto questo torna a rivivere nella parola. I quattro ersonaggi si raccontano contemporaneamente, attori e non attori, e il tempo di cottura dei piatti serviti a tavola è stato il nostro metronomo.»
Licia Maglietta

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